Pinuccio Sciola: l’uomo che faceva cantare le pietre

Era l’uomo che faceva cantare le pietre.
Pinuccio Sciola aveva scoperto i sassi da bambino, dissodando i campi attorno a San Sperate, nel Campidano.
A 17 anni quando un amico, a sua insaputa, presentò tre delle sue opere ad una mostra-concorso allestita al circolo La Rinascente di Cagliari, la giuria lo dichiarò vincitore, con la motivazione che nei suoi lavori si ravvisava
l’impronta di una forte personalità che avrebbe potuto rivelare alla Sardegna un talento sconosciuto.
Gli venne offerta una borsa di studio per frequentare il liceo artistico di Cagliari.
Col diploma in tasca, frequentò il Magistero d’arte di Firenze e l’Accademia Internazionale di Salisburgo dove frequentò i corsi di Minguzzi, Kokoschka, Vedova e Marcuse.
Nel 1967 si iscrive all’Università della Moncloa a Madrid; l’anno successivo, invece, è a Parigi.
Nel maggio del 68, fu in piazza con gli studenti, poi viaggiò in Messico e in Perù, fino all’isola di Pasqua e alle foreste del Congo.
Aveva visto tante cose, e non avendo parole per descriverle, decise di imbiancare i muri di fango di San Sperate e dipingervi il mondo come l’aveva visto. Inaugurando cosi il muralesimo in Sardegna, più conosciuto e pubblicizzato a Orgosolo.
Oggi il paese è un museo all’aperto, dove gli abitanti hanno fatto propria l’abitudine di usare i muri per esprimere le proprie emozioni.
Le pietre sonore sono state solo la tappa più recente del percorso di un grande artista.
Aveva mani grandi e forti come la pietra e nodose come il legno d’ulivo, nato a San Sperate nel 1942 e recentemente scomparso.
Pur avendo vissuto in molte città d’Europa, era tornato in Sardegna, la sua isola-continente, apparentemente così periferica nel mondo dell’arte; come ripeteva citando Rimbaud
si nutriva d’aria, di roccia e di fango.
E infatti di pietre, delle sue pietre, è cosparso il paese di San Sperate, nei campi, tra gli ulivi, gli aranci, tra i grovigli di fichi d’India ci sono i suoi laboratori.
San Sperate diventa così un inaspettato ombelico del mondo della cultura dove la casa di Pinuccio Sciola, che ha continuato a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, rimane sempre aperta come lo erano il suo cuore e la sua mente.
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